Speciale – Sicurezza negli stadi: oblìo e ritorno dei “posti in piedi”

Ripercorriamo la storia delle ‘Crush Barriers’ brevettate da Archibald Leitch nel 1906, e riproposte oggi in forma moderna come ‘rail seats’, sedute fornite di una struttura tubolare che consente ai tifosi di assistere alla partita rimanendo in piedi, pur rispettando l’obbligo di avere un posto numerato per ogni spettatore.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 358
Stadio di Klagenfurt (Austria), foto Jon Darch, (tutte le immagini dell’articolo sono attribuite con licenza Creative Commons).

Con gli attuali parametri tecnici e legislativi, la progettazione di un impianto sportivo è strettamente guidata da obiettivi di sicurezza e comfort per lo spettatore, dove per “comfort” in questo caso non si intende la mera comodità di un posto in tribuna vip ma la facilità e l’immediatezza con cui il tifoso può muoversi all’interno dello stadio e utilizzarne gli spazi e i servizi.

Ma per arrivare a questa epoca contemporanea, dove tutto è piuttosto codificato ed esistono standard d’élite per ogni elemento che compone lo stadio, si è passati attraverso cambiamenti anche drammatici, con avvenimenti che hanno forzato il ragionamento di legislatori, club e progettisti per migliorare e adattare questi edifici.

È giusto dare un po’ di contesto, quindi, soprattutto nel caso di una delle aree insieme più iconiche ma anche più critiche di un impianto sportivo. Le gradinate dei tifosi più accesi, quelle dei cori e delle coreografie, da sempre parte fondante dell’universo tribale del calcio, negli ultimi tempi sono al centro del ritorno di un elemento che sembrava impossibile da riportare in vita: i “posti in piedi”.

Sotto il nome di “Safe Standing Areas” (letteralmente, settori in cui stare in piedi in sicurezza), stanno facendo la (ri)comparsa in sempre più stadi europei (e nord americani ma qui con un approccio diverso, lo vedremo più avanti) le gradinate dove si può rimanere in piedi durante una partita e farlo in condizioni di sicurezza e in linea con le normative vigenti. Un concetto che sembrava del tutto cancellato dal calcio dopo i tragici eventi che avevano costellato in particolare gli anni ‘80 e invitato alla rivoluzione post-1990 degli “all seater stadiums”, gli stadi con tutti posti a sedere.

I primi posti in piedi, le Crush Barriers di Archibald Leitch

E il valore progettuale risiede nel fatto che i nuovi posti in piedi nascono dalla corretta e virtuosa evoluzione di uno specifico oggetto che aveva costellato quelle stesse gradinate per tutto il Novecento, prima di essere messo al bando al volgere del secolo: le crush barriers, le barriere anti-schiacciamento.

Disegno tratto dal brevetto di Archibald Leitch.

Dicevamo, è giusto dare un contesto storico a questa evoluzione, perché le barriere anti-schiacciamento risalgono all’inizio del Novecento, disegnate e brevettate nel 1906 nientemeno che da Archibald Leitch, iconico ingegnere scozzese a cui si deve non solo la progettazione della gran parte degli “originali” stadi britannici di inizio secolo (che fornirono un esempio da seguire al calcio europeo di quegli anni) ma anche e soprattutto l’introduzione di elementi che sono oggi lo standard nel disegno di uno stadio, come il calcolo dell’angolo di visuale per la corretta gestione della pendenza delle gradinate.

Le barriere dell’epoca erano strutture in ferro simili a moderne transenne, imbullonate al piano di solaio delle gradinate, e distribuite in modo regolare (ma quasi mai su allineamenti continui) all’interno dello spazio di una gradinata, in particolare nei settori dietro le due porte. Un elemento tubolare orizzontale garantiva l’appoggio in sicurezza delle persone, e scendeva a terra con due elementi a V rovesciata per l’ancoraggio. Leitch accompagnò questa novità a un calcolo (forse “spannometrico” per l’epoca) di potenziale capienza per queste aree dello stadio, ipotizzando uno spazio di 40 cm per una persona in piedi (oggi viene valutato in 55-60 cm), e una densità di circa 58 persone per 10 mq.

Nell’idea di quegli anni, riempire di queste barriere una gradinata significava creare delle suddivisioni al suo interno che fossero “favorevoli” per il pubblico, impedendo la formazione di un unico assembramento di persone ma piuttosto separandolo quasi in blocchi. Ma ovviamente erano soluzioni rivolte al pubblico dei primi del Novecento, numeroso e festante sì ma sempre piuttosto composto nelle abitudini.

Quello che non era prevedibile è che la soluzione delle barriere anti-schiacciamento avrebbe cavalcato quasi tutto il Novecento, rimanendo la norma in tutti gli stadi del mondo e dovendo avere a che fare con l’evoluzione sociale del tifoso di calcio del Secondo Dopoguerra, la nascita delle sottoculture giovanili e politiche e la conseguente ricaduta sullo sport, in particolare con il fenomeno degli hooligans e degli scontri fra tifoserie avversarie.

Tragedie e rivoluzioni legislative

Quando una caduta a catena lungo una scalinata d’uscita dello stadio Ibrox di Glasgow, nel 1971, portò alla morte di 66 persone, il Governo britannico decise di intervenire con una prima analisi dello stato di fatto degli impianti sportivi del territorio, da cui scaturì un rapporto sulla sicurezza (e sulle condizioni fatiscenti dell’80% degli impianti di quel periodo) e a cui seguì la compilazione del primo documento ufficiale che regolamentava in modo definito e puntuale i vincoli progettuali per uno stadio di calcio, con l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza per i tifosi all’interno degli impianti.

Era la Guide to Safety at Sports Ground (Guida alla Sicurezza negli Impianti Sportivi), conosciuta successivamente con il diminutivo di “Green Guide”, e racchiudeva al suo interno anche una serie di direttive fondamentali riferite alla gestione delle dinamiche interne di un impianto, in relazione ai flussi dei tifosi in entrata e uscita e all’organizzazione pratica di ogni situazione possibile d’emergenza durante il giorno di gara.

La prima edizione della Green Guide (che continua a essere documento fondamentale ancora oggi) venne pubblicata nel 1973 e, due anni dopo, il 1° settembre 1975, la maggior parte delle indicazioni contenute nel documento passarono al livello di legislazione, venendo inserite nel Safety of Sports Ground Act, atto che conteneva le disposizioni ufficiali per i parametri di sicurezza richiesti all’interno di un impianto.

Le due più grandi tragedie degli anni ‘80, poi, diedero il colpo finale al concetto di stare in piedi allo stadio.

Allo Stadio Heysel di Bruxelles (1985) e ancor di più a Hillsborough, Sheffield (1989), le gradinate che stavano accogliendo i tifosi diventarono improvvisamente delle trappole da cui era impossibile scappare, in una situazione acuita e aggravata dalla presenza delle recinzioni perimetrali e proprio da quelle barriere che diventavano ostacoli mortali all’interno dei settori. Il contraccolpo fu devastante, e per ottenere la miglior gestione possibile dei flussi di pubblico e del loro comportamento durante le partite, l’intera Europa (e successivamente la FIFA per i tornei ufficiali) si adeguò al Taylor Report del 1990 e alla necessità di avere stadi con solo posti a sedere.

Da quel momento in poi, ovviamente, i tifosi delle cosiddette “curve” hanno continuato a stare in piedi allo stadio ma codificarlo come una possibilità progettuale era visto come una riapertura ai rischi vissuti negli anni ‘80.

Col tempo però si è compreso che, ancor di più oggi, stare in piedi, saltare e cantare in mezzo a una selva di seggiolini è potenzialmente più pericoloso che in una spianata di gradoni, e da qui – sulla scorta dell’esempio del centro Europa, in particolare con le esperienze della Bundesliga tedesca – si è sempre più ragionato sulla possibilità di reintrodurre aree a posti in piedi “regolamentate”.

L’esperienza-pilota del Celtic rappresenta un caso esemplificativo. La profondità dei gradoni di Celtic Park è 70 cm, e i seggiolini fissi lasciano circa 40-42 cm di spazio frontale allo spettatore. I seggiolini Rail Seats, invece, hanno una seduta che, richiudendosi, si allinea all’intelaiatura del supporto, lasciando uno spazio libero frontale netto di 65 cm. La stessa seduta (circa 38 cm di profondità) quando viene aperta lascia ancora 32 cm di spazio libero dalla fila davanti: le indicazioni di sicurezza per gli stadi britannici, contenute nella versione più recente della Green Guide, obbligano un minimo di 30 cm.

E dopo il tentativo pionieristico del Celtic nel 2016, e la storica apertura al dialogo del Governo britannico nel 2019, finalmente si sta tornando in questa direzione, sfruttando una soluzione semplice e allo stesso tempo perfettamente in linea con la corretta evoluzione delle originali crush barriers: i posti “Rail Seats”.

Cosa sono i seggiolini “Rail Seat”

Il modello realizzato dall’azienda britannica Ferco Seating è quello forse più diffuso ed esemplificativo, attualmente, e si spiega già nel nome: rail – mancorrente, seat – seggiolino. Il risultato è letteralmente la combinazione di due concetti separati da oltre 80 anni di storia, quello delle originali crush barriers e i seggiolini a seduta fissa. Ma ciò che si ottiene è un risultato dinamico e innovativo.

Rail Seat dal catalogo Ferco.

Il seggiolino Rail Seat è composto da un’intelaiatura tubolare abbinata a una seduta richiudibile. Ogni seggiolino incorpora un mancorrente superiore, posizionato a un’altezza di circa 1 metro da terra, che serve da appoggio e sostegno per la persona della fila retrostante.

Il tifoso può scegliere liberamente se stare seduto o in piedi in qualunque momento della partita, e nel farlo, rimane sempre all’interno di uno spazio personale di manovra, senza ostacoli, in totale sicurezza e in assoluta indipendenza rispetto ai vicini o alle persone delle file davanti e dietro.

Il posto allo stadio rimane quindi singolo, com’è nel concetto dei seggiolini fissi, e questo garantisce continuità con il controllo della capienza, la vendita dei biglietti nominativi, i posti numerati ecc, ma libera il movimento della persona e minimizza i rischi di caduta nel caso di improvvisi spostamenti di gruppo.

Le dimensioni di questi seggiolini, inoltre, permettono un’installazione non invasiva al posto delle sedute fisse in gradinate già esistenti. Lo spazio di ingombro totale di un seggiolino Rail Seat è circa 46-49 cm (comprensivo dell’intelaiatura tubolare, che ha un diametro di 5-6 cm): questo permette la sostituzione uno-a-uno con le sedute già esistenti, realizzando un cosiddetto “settore Safe Standing” senza perdita di capienza dello stadio. Anche le condizioni generali di sicurezza sono garantite, dato che l’altezza di 1 metro da terra del mancorrente è in linea con i requisiti già esistenti per i corrimano di balconi, ringhiere e balaustre (da qui la definizione Safe Standing, stare in piedi in sicurezza).

Nemmeno l’angolo di visuale viene penalizzato da questa nuova soluzione, che garantisce un valore di C = 9 cm, in situazione di tifosi seduti (dove C = 9 rientra nei parametri consigliati dalla FIFA), passando a C = 7 in situazione di tifosi in piedi.

Dal punto di vista operativo, inoltre, la tecnologia Rail Seat permette di bloccare la seduta in posizione aperta utilizzando una chiave in uso allo staff dell’impianto. In questo modo si può ottemperare, se necessario, alle norme vigenti per le competizioni europee e internazionali, che prevedono stadi con soli posti a sedere.

Nel calcio degli Stati Uniti, tutti i nuovi stadi costruiti dopo il 2010 sono stati dotati di un’area a posti in piedi per la “curva” dei tifosi di casa, e questo per questioni culturali, una maggiore libertà legislativa e un approccio più coinvolgente verso il tifoso e la sua esperienza di gara.

In Europa, superato il fardello dei tragici ricordi del passato, questa soluzione sta finalmente facendo la comparsa sia in stadi già esistenti (negli ultimi anni sono stati adeguati impianti come il Nuovo San Mamés di Bilbao, lo Stamford Bridge di Londra o il Molineux di Wolverhampton) sia in nuovi stadi (l’esempio del nuovo stadio del Tottenham e del futuro – attualmente in costruzione – stadio dell’Everton lo dimostrano).

I settori Safe Standing sono quindi l’evidenza pratica di quanto la progettazione sportiva sia in continua evoluzione e in perenne adeguamento ai mutamenti culturali e sociali del pubblico di tifosi.

A sinistra, installazione sperimentale al Paramatta Stadium di Sidney (Australia), dismesso dal 2016 e sostituito con il Western Stadium, foto a destra (foto Macktheknifeau).

L’evoluzione degli stadi dai primi del Novecento a oggi lo testimonia, nelle forme, negli spazi e nelle tecnologie, e assistere al ritorno di un oggetto specifico come le barriere anti-schiacciamento, ripulite e trasformate in una veste contemporanea, è la conferma di quanto sia importante una progettazione consapevole e attenta alle necessità pratiche di chi frequenta gli stadi. E ne siamo sicuri, anche ad Archibald Leitch questi nuovi seggiolini Rail Seat sarebbero piaciuti.

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